Biodiversità ad alta risoluzione: come i big data possono aiutarci a proteggere la natura

Biodiversità ad alta risoluzione: come i big data possono aiutarci a proteggere la natura

La perdita di biodiversità è una problematica che riguarda tutti gli ecosistemi, dalle foreste alpine alle coste mediterranee. Oggi però scienza e tecnologia ci mettono a disposizione strumenti innovativi: mappe ad alta risoluzione, big data e modelli climatici che possono guidare le scelte politiche, migliorare la gestione forestale e favorire anche la partecipazione dei cittadini.

Biodiversità ad alta risoluzione: come i big data possono aiutarci a proteggere la natura

La perdita di biodiversità è una problematica che riguarda tutti gli ecosistemi, dalle foreste alpine alle coste mediterranee. Oggi però scienza e tecnologia ci mettono a disposizione strumenti innovativi: mappe ad alta risoluzione, big data e modelli climatici che possono guidare le scelte politiche, migliorare la gestione forestale e favorire anche la partecipazione dei cittadini.

Una crisi sistemica che non possiamo ignorare

Negli ultimi decenni le popolazioni di vertebrati selvatici in Europa e Nord America sono diminuite mediamente del 35-40% (WWF, Living Planet Report 2024). A livello globale, nel Global Assessment Report on Biodiversity and Ecosystem Services l’IPBES stima che fino a 1 milione di specie animali e vegetali rischino l’estinzione a causa delle attività umane nei prossimi decenni se non cambiamo rotta. 

La perdita di biodiversità non è solo un problema ambientale: mette in pericolo la sicurezza alimentare, la qualità dell’acqua, la fertilità dei suoli e la nostra stessa capacità di adattarci ai cambiamenti climatici. È una crisi sistemica, perché tocca ogni aspetto della vita umana e del funzionamento degli ecosistemi. 

Introdotto massicciamente nel secondo dopoguerra per rimboschimenti di protezione, soprattutto in aree colpite da erosione o abbandono agricolo, il pino nero ha rappresentato per decenni la scelta per eccellenza: crescita rapida, tolleranza alla siccità, radicazione profonda. Ma col tempo queste pinete, spesso monospecifiche e coetanee, si sono rivelate fragili, vulnerabili agli incendi e alle tempeste, e povere in termini di biodiversità. 

Mappe che svelano la biodiversità nascosta

In risposta a questo scenario catastrofico, oggi la ricerca sta facendo passi da gigante grazie all’integrazione tra scienza dei dati e osservazioni sul campo. Studi recenti come Leblanc et al., 2025, arXiv mostrano come sia possibile costruire mappe della biodiversità ad altissima risoluzione (fino a 50×50 metri) combinando fonti diverse: 

  • dati satellitari e di telerilevamento, 
  • modelli climatici, 
  • misurazioni acustiche, 
  • osservazioni di presenza e assenza delle specie. 

Questi strumenti permettono di individuare habitat preziosi, aree a rischio e corridoi ecologici fondamentali per la mobilità degli animali. Non si tratta solo di sapere “dove si trova cosa”, ma di leggere la dinamica degli ecosistemi, le loro fragilità e le pressioni esercitate dalle attività umane. 

Un aiuto concreto per foreste e territori

Le mappe della biodiversità non sono un esercizio teorico: hanno applicazioni pratiche decisive. In Italia, e in particolare nelle zone alpine e appenniniche, possono essere utilizzate per: 

  • pianificazione territoriale: guidare le amministrazioni a evitare la frammentazione degli habitat e orientare lo sviluppo urbano in modo sostenibile. 
  • gestione forestale: monitorare la salute dei boschi e anticipare rischi legati a parassiti, incendi o siccità. 
  • prevenzione dei rischi naturali: individuare le aree più vulnerabili all’erosione del suolo o agli eventi estremi, rafforzando la resilienza climatica dei territori. 

Progetti come ELC10, che mappa il coperto del suolo europeo a una risoluzione di 10 metri utilizzando i satelliti Sentinel, dimostrano già oggi l’efficacia di questi approcci (Si-Moussi et al., 2025). 

La scienza incontra i cittadini

Un aspetto innovativo è che la mappatura della biodiversità non è più solo compito dei ricercatori. Grazie ai progetti di citizen science, chiunque può contribuire: registrando i canti degli uccelli con il proprio smartphone, fotografando una pianta rara durante una passeggiata o segnalando la presenza di specie in applicazioni dedicate. 

Questi contributi arricchiscono enormemente i dataset e rafforzano il legame tra comunità e natura. La conoscenza diventa condivisa, e la tutela ambientale un impegno collettivo. 

Guardare al futuro con strumenti nuovi

Come abbiamo visto la perdita di biodiversità resta una sfida enorme e urgente, ma le nuove tecnologie ci permettono di rendere visibile ciò che spesso resta invisibile: habitat fragili, spostamenti di specie, pressioni legate al rumore e al traffico umano. 

Big data, sensori e satelliti non sostituiscono la cura diretta degli ecosistemi, ma ci offrono una bussola precisa per orientare le scelte politiche e comunitarie. La sfida sarà trasformare queste informazioni in azioni concrete, capaci di proteggere non solo le foreste e i paesaggi, ma anche il nostro futuro. 

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