Ripensare il cerro: una risorsa sottovalutata per i boschi italiani del futuro

Ripensare il cerro: una risorsa sottovalutata per i boschi italiani del futuro
Torna la nostra rubrica “Nel cuore verde d’Italia” con un focus su una specie poco raccontata ma dal grande potenziale: il cerro. Resistente, adattabile e legato alle pratiche locali, è una risorsa strategica per le aree interne. In un’epoca segnata da crisi climatica e spopolamento, può diventare un simbolo di resilienza e rigenerazione per i nostri boschi. Scopriamo insieme perché.

Ripensare il cerro: una risorsa sottovalutata per i boschi italiani del futuro
Torna la nostra rubrica “Nel cuore verde d’Italia” con un focus su una specie poco raccontata ma dal grande potenziale: il cerro. Resistente, adattabile e legato alle pratiche locali, è una risorsa strategica per le aree interne. In un’epoca segnata da crisi climatica e spopolamento, può diventare un simbolo di resilienza e rigenerazione per i nostri boschi. Scopriamo insieme perché.

Il cerro: identikit di una specie dimenticata
Quando si parla di querce italiane, il pensiero corre subito alla Roverella o alla Farnia. Ma c’è un’altra quercia, spesso dominante nei boschi collinari e montani dell’Appennino, che resta in secondo piano: il cerro (Quercus cerris). Robusto, rustico, e per lungo tempo considerato solo “legno povero” da ardere, questo albero custodisce in realtà un grande potenziale ecologico, culturale e sociale per il futuro delle foreste italiane. Originario dell’Europa sud-orientale e dell’Anatolia, il cerro è naturalizzato da secoli nel nostro Paese. Si riconosce per le foglie lobate e pelose, la corteccia profondamente fessurata e le ghiande dal cupolino squamoso e ispido. Cresce su suoli argillosi e calcarei, resiste bene alla siccità e sopporta anche il gelo: è una specie tenace, che ben si adatta a condizioni difficili. Un albero da riscoprire, oggi più che mai.
Da legno da ardere al bosco multifunzionale
Per decenni il cerro è stato impiegato quasi esclusivamente nei cedui per la produzione di legna da ardere. Ma oggi questo approccio mostra tutti i suoi limiti. Il cerro, infatti, può offrire molto di più: paesaggi più stabili, maggiore biodiversità e servizi ecosistemici di valore. È una specie strategica per accompagnare la transizione verso boschi più resilienti, multifunzionali e capaci di affrontare le sfide poste dal cambiamento climatico.
Rifugio di biodiversità e alleato del territorio
Dal punto di vista ecologico, i boschi maturi di cerro (soprattutto se avviati ad alto fusto) offrono microhabitat importanti per numerose specie di invertebrati, piccoli mammiferi e uccelli forestali. La presenza di cavità naturali nella corteccia rugosa e nei tronchi vetusti fornisce rifugi per picchi, allocchi, chirotteri e altri animali selvatici. Inoltre, grazie alla sua ampia chioma e al fitto apparato radicale, il cerro contribuisce alla regolazione del microclima locale, alla protezione dei suoli dall’erosione e all’accumulo di sostanza organica. I suoi boschi fungono da efficace “spugna ecologica”, trattenendo l’acqua e rallentando il deflusso superficiale, con benefici per la qualità delle acque e la prevenzione dei dissesti idrogeologici. Sul fronte del sequestro di carbonio, un bosco di cerro ben gestito può accumulare fino a 100-120 tonnellate di CO₂ per ettaro in biomassa e lettiera, contribuendo concretamente alla mitigazione del cambiamento climatico, soprattutto in aree collinari e appenniniche dove altre specie stentano a svilupparsi.
Un albero per le comunità locali: usi civici e cultura del bosco
In molte zone dell’Italia il cerro è anche un albero della tradizione, profondamente intrecciato con la storia collettiva dei territori. I boschi dominati da Quercus cerris sono spesso parte di patrimoni collettivi: usi civici, proprietà comunitarie, demani comunali o consortili, dove la gestione del bosco è stata storicamente affidata alle stesse comunità che lo abitano.
Un esempio emblematico si trova in Toscana, nel Casentino, dove ancora oggi le “comunanze” forestali regolano l’accesso alla legna da ardere e l’uso del sottobosco in base a criteri di equità e sostenibilità tramandati nei secoli. In Umbria e in alcune aree dell’alto Lazio, molti boschi di cerro sono parte di consorzi agro-forestali nati per gestire collettivamente risorse come il pascolo, la legna e i frutti del sottobosco. In Abruzzo e in Molise, alcune comunità montane continuano a gestire i cerreti comunali per fornire legna da riscaldamento a prezzi calmierati, sostenendo così le famiglie residenti e contrastando il rischio di abbandono del territorio.
Queste pratiche non solo mantengono viva una relazione diretta con la foresta, ma offrono un modello prezioso per il presente: un’economia locale fondata sulla cooperazione, sulla conoscenza condivisa e su un’idea di sostenibilità profondamente radicata nella cultura rurale.
Rilanciare la gestione partecipata del cerro – oggi, con strumenti contemporanei e approcci scientifici – significa non solo proteggere una risorsa naturale, ma anche riattivare forme di cura collettiva del territorio. È un’opportunità concreta per rafforzare la coesione sociale, valorizzare il lavoro forestale locale, ridare senso e funzione a boschi spesso trascurati ma pieni di potenziale.
Proposte per il futuro
Per Robin Wood, questi contesti rappresentano il terreno ideale per sperimentare nuove forme di forestazione partecipata, in cui comunità, enti pubblici e imprese collaborano alla rigenerazione delle foreste con un approccio condiviso e trasparente. In questo senso, il cerro può rappresentare più di un albero: è un ponte tra passato e futuro, tra natura e cultura, tra economia locale e resilienza ambientale. Valorizzare il cerro significa cambiare sguardo. Significa immaginare nuove filiere corte, piani di gestione sostenibile, comunità energetiche forestali e percorsi educativi nei territori.
Il cerro è, quindi, l’albero delle seconde possibilità. Troppo a lungo dimenticato, può tornare protagonista nei paesaggi forestali italiani, diventando una risorsa preziosa per il clima, per le comunità e per la cultura del bosco.